Cronache di morti in nome della sicurezza… e della repressione!!! Da Torino a Chiaiano….

…mentre anche a Falconara c'è chi vorrebbe costruire ennesimi lager per clandestini alla ex caserma Saracini, di fronte all'Api

(Tutti gli aggiornamenti sul NO CPT- CIE!)

Immigrato muore nel CPT di Torino. I compagni: "Non è stato soccorso"

 

Da La Repubblica.it del 25.05.08


 

Domenica 25 maggio 2008

Era da dieci giorni nel centro di permanenza Brunelleschi Il prefetto: "È deceduto per malattia, aveva la polmonite"


Niccolò Zancan


TORINO – Per indicare il punto esatto in cui è successo, i ragazzi magrebini dietro alle sbarre, passandosi un telefonino di mano in mano, spiegano: "Zona rossa, cella numero 2". Lì, ieri mattina alle 8, è stato trovato morto Hassan Nejl, nato Casablanca il 27 marzo 1970, trattenuto da dieci giorni al Cpt con un decreto di espulsione firmato dal questore di Padova. "Era nel suo letto con la schiuma alla bocca – raccontano – abbiamo urlato tutta la notte per chiamare i soccorsi, ma non è venuto nessuno. L’hanno trattato come un cane".


Di sicuro non poteva esserci inaugurazione più tragica per il nuovo Centro di permanenza temporanea di Torino. Stessa area, ma ingresso diverso su via Mazzarello. Costato 12 milioni di euro per la prima metà dei lavori, in muratura, più civile e più sicuro, nelle intenzioni della Prefettura, era entrato in funzione in gran segreto lunedì mattina. Doveva essere un periodo di rodaggio. Sessanta persone trattenute, che diventeranno 130 a lavori ultimati. Ma dopo cinque giorni è successo quello che non era mai capitato nei nove anni di gestione precedente.


Il prefetto Paolo Padoin è stato avvisato quasi subito: "I primi riscontri hanno stabilito che quel ragazzo è morto per una malattia – spiega – forse una polmonite. So che era stato visitato da un medico della Croce Rossa nel primo pomeriggio di venerdì. Se ci fossero state davvero delle omissioni di soccorso durante la notte, ma è un fatto ancora tutto da accertare, toccherà alla magistratura chiarire eventuali responsabilità". E’ già stata disposta l’autopsia.


Ora al Cpt non ci sono più i vecchi container di lamiera. Le gabbie che delimitano le varie zone sono nuove ma altrettanto alte. Hassan Nejl è morto in una camerata da sei posti, appena dipinta di giallo, con due bagni e una doccia. Vicino a lui, fino all’ultimo, è rimasto Mohammed Alhuiri, 25 anni, iracheno: "Per tutta la giornata di venerdì stava malissimo. Si lamentava. Non si reggeva in piedi. Aveva la febbre alta, mi ha persino chiesto di toccargli la fronte perché sentissi anch’io". Alle 3 è stato visitato dal medico di guardia, nell’infermeria della Croce Rossa. "Ma forse pensavano fosse una cosa leggera o non gli hanno creduto – racconta Alhuiri – perché gli hanno dato una medicina, se ho capito bene un antibiotico, senza nemmeno verificare se potesse essere allergico. Hassan era tossicodipendente, prendeva il metadone, aveva problemi, stava ancora male. Eppure non hanno voluto più saperne di lui. L’hanno lasciato solo. L’hanno trattato come un animale".


A mezzanotte e mezza la situazione si è aggravata. "Ho perso la voce a furia di urlare – spiega Alhuiri – a mezzanotte e quarantacinque gridavamo tutti. Dopo un po’ è arrivato un addetto della Croce Rossa. "Fino a domani mattina non c’è il medico", ha spiegato. Poi se n’è andato. Hassan si è steso sul suo letto, era caldo, stava malissimo…".


Ieri mattina suo fratello voleva parlargli. Visto che Hassan Nejl non ha il telefono, ha chiamato al numero di cellulare di un altro immigrato marocchino trattenuto nel Cpt. "Sono andato per passargli la chiamata e l’ho visto – racconta – aveva gli occhi sbarrati e la bava alla bocca. Non respirava più". L’hanno portato di nuovo in infermeria. Ma era troppo tardi. Alle 8 di mattina il medico di guardia ha constatato il decesso.


Ora gli agenti dell’ufficio immigrazioni della questura sorvegliano le case gialle. Tutti gli immigrati hanno annunciato lo sciopero della fame: "Fate qualcosa per noi – urlano – dite la verità. Venite a vedere come siamo trattati. Qui siamo come in un canile, dove se abbai nessuno risponde".


 


da PeaceLink.it :


Vicino a lui, fino all'ultimo, è rimasto Mohammed
Alhuiri, 25 anni, iracheno: "Per tutta la giornata di venerdì stava
malissimo. Si lamentava. Non si reggeva in piedi. Aveva la febbre alta, mi
ha persino chiesto di toccargli la fronte perché sentissi anch'io". Alle 3
è stato visitato dal medico di guardia, nell'infermeria della Croce Rossa.
"Ma forse pensavano fosse una cosa leggera o non gli hanno creduto –
racconta Alhuiri – perché gli hanno dato una medicina, se ho capito bene
un antibiotico, senza nemmeno verificare se potesse essere allergico.
Hassan era tossicodipendente, prendeva il metadone, aveva problemi, stava
ancora male. Eppure non hanno voluto più saperne di lui. L'hanno lasciato
solo. L'hanno trattato come un animale".

A mezzanotte e mezza la situazione si è aggravata. "Ho perso la voce a
furia di urlare – spiega Alhuiri – a mezzanotte e quarantacinque gridavamo
tutti. Dopo un po' è arrivato un addetto della Croce Rossa. "Fino a domani
mattina non c'è il medico", ha spiegato. Poi se n'è andato. Hassan si è
steso sul suo letto, era caldo, stava malissimo…".

Ieri mattina suo fratello voleva parlargli. Visto che Hassan Nejl non ha
il telefono, ha chiamato al numero di cellulare di un altro immigrato
marocchino trattenuto nel Cpt. "Sono andato per passargli la chiamata e
l'ho visto – racconta – aveva gli occhi sbarrati e la bava alla bocca. Non
respirava più". L'hanno portato di nuovo in infermeria. Ma era troppo
tardi. Alle 8 di mattina il medico di guardia ha constatato il decesso.


 



 


                Chiaiano, c'è il primo morto 

da Indymedia Napoli:


Ancora una volta le donne animano i presidi e si assumono la responsabilità della difesa di un’intera comunità. Anche ieri a Chiaiano, donne giovani e anziane, unite resistevano alle brutali cariche della polizia. Il ruolo di madre imposto dalla società le vorrebbe ai fornelli, e invece queste madri si ribellano e scendono in piazza e per curare davvero il futuro dei loro figli scendono in piazza a resistere in prima linea. Una giovane donna, all’ ottavo mese di gravidanza, proprio per “garantire la vita del nascituro” era in piazza con tutte le altre a protestare, negli scontri, tra le cariche ha abortito. Stavolta chi difende la vita e chi è l’assassino?

Dal manifesto di oggi:


[…]Proprio per questo vista dal ministero degli Interni, quella di Chiaiano sta diventando una «battaglia » simbolo: «Se i no-discarica passano lì, passano ovunque»,
spiega più di un funzionario.Quanto accaduto venerdì, con la polizia
che carica duecento cittadini che occupano la piazza del quartiere,
del resto è significativo. Non esistevano esigenze di ordine pubblico
che giustificassero l’intervento degli agenti, eppure è stato scelto di
caricare come prova di forza. Colpirne duecento per evitare di ritrovarsene
duemila il giorno dopo.
Ma soprattutto liberare la strada che porta alla cava dove sorgerà la
discarica, in modo da dare un segnale forte a tutti.


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