Ad un anno circa dal grande presidio davanti la raffineria del 14 ottobre scorso, in occasione della loro celebrazione dei 90 anni di Raffineria Api, “una strada da percorrere insieme”, e alla vigilia del G7 Salute di Ancona, abbiamo ripreso la parola e tolto la scena ai grandi della terra che saranno ospiti di questo territorio, ma anche a qualche piccolo politicante nostrano.
Abbiamo palesato loro la più ferma, radicale, numerosa opposizione al disastro sanitario e ambientale che anima le Marche e la capacità dei movimenti di avanzare proposte, soluzioni, percorsi di condivisione e partecipazione, che non possono più essere resi invisibili e restare senza risposte.
Eppure ci scontriamo quotidianamente con l'inefficienza delle centraline di rilevazione della qualità dell'aria, con i controlli “olfattivi” e tardivi, quando eseguiti, con l'assenza di trasparenza, informazioni, comunicazioni, con la supina accettazione della pratica dell'autocontrollo da parte del Gestore.
Questo anno di riapertura di un nuovo ciclo di mobilitazione di #fermiamoildisastroambientale ha reso evidente la netta cesura che separa il paese reale da quello legale, la piazza dalla politica, le assemblee e i presidi popolari dai palazzi istituzionali.
Abbiamo reclamato un inequivocabile salto di qualità, dai monitoraggi e le segnalazioni, dall'evidenza degli effetti, alla radice delle cause: la quasi irreversibile contaminazione delle matrici di aria, acque marine e di falda, suolo e sottosuolo, un danno non solo verso l'ecosistema ma soprattutto verso l'incolumità pubblica. Un disastro ambientale, con effetti perduranti, “motivato dalla volontà di non compromettere l'attività produttiva, risparmiando gli ingenti costi per l'ispezione, la manutenzione e l'adeguamento dei serbatoi e degli impianti”, come ci racconta l'inchiesta “Oro nero”. Tutto è piegato all’interesse per la massimizzazione dei profitti, la continuità produttiva, la crescita economica illimitata.
Ad ogni mobilitazione popolare si risponde con la politica degli annunci, alla ricerca di un consenso perduto. Si finge di fare il giorno stesso, per insabbiare e archiviare quello dopo.
Lo scorso febbraio la Regione Marche annunciava l'avvio di nuove attività di sorveglianza epidemiologica, di analisi ambientale e di sorveglianza sanitaria “con la partecipazione attiva” dei cittadini con i fondi del PNRR. Avremo voluto chiedere conto anche di questo all'audizione in commissione regionale consiliare permanente Sanità e Politiche sociali, per la quale pendeva una richiesta dallo scorso gennaio, fino alla cancellazione della seduta del 25 settembre.
Sono in atto tentativi, a volte striscianti, altre palesi, di revisionismo e negazionismo epidemiologico, nei palazzi della politica come nelle aule dei tribunali, tesi a screditare la mole di studi ventennali in materia, in primis quello analitico e non solo descrittivo, che determina quindi un chiaro nesso di causalità, redatto in un decennio circa di lavoro e su richiesta di una petizione popolare cittadina firmata da oltre 3500 falconaresi, dall'Istituto Nazionale Tumori di Milano, su commissione della Regione Marche, che attesta un eccesso di linfomi e leucemie in base alla vicinanza e ai tempi di permanenza, circa 10 anni e entro 4 chilometri dal nostro petrolchimico.
Oppure operazioni di greenwashing e finta transizione ecologica, come lo sbandierato piano di decarbonizzazione della raffineria annunciato dai tavoli congiunti tra Comune Regione e Ministero in occasione del presidio di maggio davanti al Mase.
La futura produzione di idrogeno verde sostituirà non più del 10% dell’attuale idrogeno grigio, produzione già accessoria e secondaria rispetto alla raffinazione e agli altri cicli produttivi del petrolchimico. Tra l’altro l’impianto di elettrolisi proposta da 10 mw verrà alimentato da energia rinnovabile dall’ammodernamento di un parco eolico sito a Castelfranco in Miscano, qui dietro l’angolo, in Provincia di Benevento.
Una curiosa e creativa proposta green che non utilizza alcuna energia rinnovabile prodotta in loco, ma mere compensazioni creative e finanziarie a distanza.
Ma simbolo più eloquente della profonda cesura scavata tra le richieste popolari e le (non) risposte istituzionali: l'ennesimo riesame dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale), tutt'ora in corso, apertosi nel silenzio generale questo luglio.
Quel procedimento fu rilasciato nel maggio 2018, ad un solo mese di distanza dall'ultimo incidente rilevante del Tk61 da cui prese le mosse l'indagine “Oro nero”, e dovrebbe avere una durata fisiologica dai 10 ai 16 anni.
Quello che viene spacciato come un attestato di risposta alle nostre istanze, è in realtà la più inutile e ridondante delle scappatoie; così non si risolve alcun problema di quel sito industriale e del territorio, nemmeno sulla carta, ma si procrastinano nel tempo.
L'essere arrivati al quinto riesame in appena sei anni dall'approvazione di quel procedimento, attesta già da sé tutta la sua improvvisazione e lacunosità, significa che allora quell'autorizzazione, tra l'altro violata in modo “sistematico” e “reiterato”, come recitano le accuse nel procedimento giudiziario in corso per disastro ambientale, non doveva essere rilasciata, per tante questioni di merito e metodo.
La prassi dei riesami dell'AIA della raffineria è parte di quel consueto balletto di deroghe, proroghe, nuove prescrizioni e cronoprogrammi per gli anni a venire, di quel sistema di connivenze e corresponsabilità che denunciamo da tempo, mentre invece oggi servono provvedimenti urgenti qui ed ora.
Non basta certo “rivalutare il quadro prescrittivo inerente al monitoraggio delle emissioni odorigene e delle emissioni diffuse e fuggitive”, come se a Falconara fossimo sempre all'anno zero.
Nè prescrivere quanto necessario per ridurre le possibilità di blackout elettrici, come recentemente denunciato in occasione delle risposte di ISPRA alle emissioni di idrocarburi di fine agosto. Anche perchè simili disservizi vengono denunciati dai comitati cittadini almeno dal 2018.
Va fatta definitivamente chiarezza sullo stato delle bonifiche private che competono esclusivamente all'Api, per decreto ministeriale, già dal lontano 2014: urge la puntuale e onerosa messa in sicurezza operativa e di emergenza del suolo, sottosuolo e delle acque marine e di falda, che dai riscontri di Arpam e Ispra risultano contaminati da idrocarburi totali, azoto ammoniacale, pfass e altre sostanze inquinanti o cancerogene.
La reiterazione e moltiplicazione di queste procedure di riesame, che sconfessano già da sé il presunto carattere di “parzialità”, ci sembrano più un tentativo di aggirare la legislazione vigente, piuttosto che una velleità di aggiungere, su carta, obbiettivi “BAT”, cioè tesi alle migliori tecnologie disponibili, che a Falconara non riscontriamo in alcun dove.
Chiediamo davvero una cosa rivoluzionaria:
applicare anche verso la raffineria Api la legislazione ordinaria, quel testo unico ambientale che, seppur l'attuale governo Meloni vorrebbe riformare con una commissione interministeriale di 50 esperti e grandi saggi, tra cui alcuni inquisiti e molti membri stipendiati dalle multinazionali del fossile, delle grandi opere e del businness dei rifiuti, è ancora in vigore dal 2006.
“In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie…l'autorità competente procede alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze…e alla contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni che costituiscano un pericolo immediato per la salute umana o per l'ambiente o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte in un anno.”
E mentre c'è chi si considera intoccabile, sopra e oltre la legge, è in via di approvazione il ddl sicurezza che introduce 24 tra nuovi reati, aggravanti e inasprimenti delle pene, minando i principi fondamentali della giustizia penale e dello stato di diritto. Con il sapore della minaccia, dell'arbitrio e della vendetta, si equipara la critica e la contestazione di un'opera pubblica o di un'infrastruttura considerata strategica, anche con forme di resistenza passiva e pacifica o “terrorismo della parola”, ad un atto di dissidenza e di criminalità.
Solidarizziamo con i tanti che già da subito criticano e si oppongono a questo ennesima provocazione dall'alto. Con la forza della legittimità dei nostri contenuti, delle pratiche da sempre condivise, e dei numeri della partecipazione reale che anima le iniziative di #fermiamoildisastroambientale, non ci lasceremo imbrigliare da questi estremisti al governo.
I promotori di #fermiamoildisastroambientale verso il G7 Salute di Ancona 9-11 ottobre