Strumenti reali di condivisione ed autodeterminazione, contro il razzismo e l’esclusione sociale.
Giovedì 21 gennaio 2010 avrà inizio, presso le ex-scuole Lorenzini (via Campanella n.2, Villanova – Falconara M.ma), il 3° Corso di lingua italiana per migranti, organizzato e promosso dall’associazione Ambasciata dei diritti. L’iscrizione al Corso è gratuita ed indipendente dalla condizione di soggiorno: possono perciò parteciparvi anche coloro che si trovassero privi di documenti di soggiorno. Le lezioni si terranno tutti i Giovedì, dalle ore 18 alle ore 20.
La didattica del corso ricalca quella della ultima edizione
In attesa della sistemazione definitiva della nuova sede dell'Associazione, siti nella palestra al primo piano, il corso odierno inizierà anche quest'anno nei locali al secondo piano delle ex Scuole Lorenzini.
Lo spirito con il quale l’Ambasciata dei diritti di Falconara presenta, per il terzo anno consecutivo, il Corso di lingua italiana per migranti rifugge – ovviamente – da ogni velleità di imposizione della cultura italiana nei confronti delle cittadine e dei cittadini migranti a cui si rivolge. E ne rifugge tanto più ritrovandoci a vivere in un Paese nel quale ‘illuminati’ uomini (e donne) politici vorrebbero addirittura imporre la conoscenza dei dialetti come elemento discriminante per l’accoglienza o per misurare il livello di integrazione degli stranieri in Italia.
Al contrario, il Corso dell’Ambasciata vuole essere un momento ed uno spazio nel quale dare luogo, per quanto possibile, ad una reciproca conoscenza e contaminazione di culture (e perché no, di lingue), che popolano ormai da anni la nostra città. Solo realizzando queste occasioni concrete di condivisione è possibile creare un tessuto sociale realmente coeso che rifiuta qualsiasi differenziazione che si basi su principi etnici e culturali, dal chiaro sapore xenofobo e razzista.
In questo senso, la situazione politica e sociale odierna presenta caratteristiche non trascurabili: dopo un anno e mezzo di governo PDL–Lega Nord, l’ideologia securitaria, cresciuta subdolamente negli ultimi quindici anni, è ormai giunta a maturazione contaminando l’intero orizzonte politico istituzionale e sembra aver travolto l’intera società italiana, la quale dà l’immagine di una sostanziale accettazione della retorica del controllo ed anche degli stessi dispositivi materiali repressivi e liberticidi.
Allo stesso tempo, però, all’interno di questa realtà sociale ormai preda di una precarietà (non solo economica) dilagante, di una paura del diverso indotta scientificamente dall’intera macchina dell’informazione mainstream, c’è chi, invece, si oppone recisamente a questo sistema: si oppongono i movimenti contro la crisi economica – lavoratori, studenti, precari; si oppongono i movimenti contro la crisi ambientale e per la giustizia climatica; si oppongono i movimenti contro lo sfruttamento dei beni comuni e per il diritto di decidere con indipendenza il destino dei propri territori; si oppone infine chi non accetta le politiche discriminatorie contro i migranti, respinti in mare, criminalizzati nelle città e nei paesi, sfruttati (in alcuni casi attraverso vere e proprie forme di neo-schiavismo) nei campi e nei luoghi di lavoro. La recente rivolta di Rosarno ha messo in luce – aldilà dello sfacciato tentativo da parte del Governo di colpevolizzare i migranti stessi – la disperata situazione della popolazione straniera nel nostro paese, la quale sopporta l’insostenibile peso di una vita in molti casi privata dei più elementari elementi di dignità, e allo stesso tempo contribuisce in maniera decisiva all’economia italiana.
Questa condizione non è tra l’altro riconducibile esclusivamente a particolari situazioni di presenza di organizzazioni criminali (come è possibile riscontrare, per esempio, nel territorio calabrese).Questa situazione è frutto, innanzitutto, della legislazione e delle politiche in materia di immigrazione, che si riflettono nell’intero territorio italiano, accomunando in questo modo, le fabbriche del nord-est ai campi della Sicilia, della Campania, della Puglia, passando per l’economia delle piccole imprese del centro Italia.
Anche nel ‘nostro piccolo’ falconarese, l’ideologia legalitaria, securitaria, intollerante verso i deboli è ormai assunta come cardine delle politiche dell’attuale amministrazione, la quale, in 20 mesi di governo cittadino, ha dato più volte sfoggio delle sue peculiari prerogative repressive e populiste, colpendo di volta in volta, senzatetto, prostitute (tanto peggio se transessuali), writers, famiglie costrette a vivere in abitazioni di fortuna ed, ovviamente, le comunità migranti.
È proprio in questa ottica che il Corso di italiano organizzato dall’Ambasciata dei diritti si configura non come un elemento d’integrazione buonista, ma come concreto strumento di autodeterminazione da parte di questi ‘nuovi falconaresi’; uno strumento attraverso il quale potersi maggiormente tutelare dal razzismo e dall’esclusione sociale verso la quale, da più parti, si vorrebbero relegare i migranti della nostra città.