L’appello di convocazione dell’assemblea del 10 novembre allo Spazio Comune Tnt di Jesi (ore 11.00)
Sarà realizzato sul modello dei CPR costruiti in territorio albanese. Così esponenti politici del governo regionale descrivono il CPR che dovrebbe vedere la luce sul suolo marchigiano. I campi di confinamento realizzati in Albania, simbolo del rovesciamento delle più elementari garanzie a tutela dei diritti fondamentali della persona, diventano un modello. Un modello sempre più apprezzato anche dalle istituzioni europee che sulla legittimità dell’esternalizzazione dei campi di confinamento per migranti esprimono un consenso sempre più trasversale e strutturato.
D’altra parte si tratta di un modello che, nonostante il “vociare” di questi giorni, non viene neppure smentito dai Giudici chiamati a convalidare i provvedimenti di internamento: anche nei pronunciamenti che non hanno convalidato i trattenimenti nulla è stato scritto circa l’illegittimità giuridica dei CPR esternalizzati e la frattura che essi producono nell’idea stessa di un ordinamento nazionale e comunitario basato sullo stato di diritto. Spesso l’inaccettabilità dei CPR viene associata al fatto che si tratta di luoghi in cui vengono recluse persone che non hanno commesso alcun reato. Critica giusta e corretta, ma, a ben vedere, limitata. Intanto perchè in strutture di “contenimento” come quelle realizzate in Albania non dovrebbe essere recluso nessuno, neppure chi i reati li ha commessi.
Eppoi perchè in qualche maniera si rischia di trattare il tema della limitazione della libertà per via amministrativa come una sorta di anomalia. In realtà non è così. L’estensione del daspo urbano, il potenziamento delle misure di prevenzione ed i CPR sono figli della stessa logica, articolazioni di una medesima trasformazione generale dell’ordinamento giuridico. Non è un caso che la norma con cui si prevede che la localizzazione dei CPR possa essere effettuata in deroga ad ogni legge che non sia penale la troviamo proprio nel ddl sicurezza in discussione al Senato. Rivendicare la liberazione dei prigionieri amministrativi e lottare contro i CPR, evoluzione dei cpt introdotti nell’ordinamento dal governo Prodi nel 1998, non è solo pratica di solidarietà attiva nei confronti della popolazione migrante, ma lotta contro una trasformazione complessiva dell’ordinamento che passa attraverso la liquidazione di diritti, libertà e garanzie fondamentali.
La battaglia contro la realizzazione di nuovi CPR sul territorio nazionale e per la chiusura di quelli già attivi non può essere disgiunta dalla battaglia per la chiusura dei CPR esternalizzati, partendo proprio da quelli realizzati in Albania, che oggi, al di là della loro effettiva efficacia sul terreno degli obiettivi governativi, rappresentano la punta avanzata di un processo di ridefinizione dei dispositivi di controllo, repressione e destituzione della sfera dei diritti di protezione internazionale. Se questi dispositivi vengono esternalizzati, ciò vuol dire che anche la nostra azione conflittuale deve avere la capacità di “esternalizzarsi” e di raggiungere i campi di confinamento laddove essi vengono realizzati.
Crediamo che il percorso di lotta contro la realizzazione di un CPR nelle Marche debba necessariamente inserirsi, anche sotto il profilo delle azioni da mettere in campo, all’interno di tale contesto più generale. Nel tempo i tentativi di realizzare un CPR nella Marche sono stati diversi, ma tutti votati al fallimento. Ci hanno provato a settembre 2003, quando in risposta occupammo gli uffici di presidenza della Regione Marche. Ci hanno provato a marzo 2004 a Corridonia, quando ci furono le cariche della polizia in Consiglio Comunale e il progetto naufragò. Ci hanno riprovato nel 2009 e successivamente a Falconara Marittima, ma sono stati di nuovo bloccati dalle mobilitazioni. Ci riprovano di nuovo oggi a Falconara, in una caserma dismessa e fatiscente dell’Aereonautica militare, in un’area definita “pericolosa” e “a rischio di esondabilita’ ” dal Piano di Assetto Idrogeologico regionale, anche interna al Piano di Emergenza Esterno della raffineria Api.
Come in passato, faremo di tutto perché un CPR non veda mai la luce nelle Marche e perchè le mobilitazioni contro il CPR di Falconara possano essere un’ulteriore risorsa nella più vasta battaglia per la chiusura di tutti i centri di detenzione amministrativa. Per lanciare la Campagna di mobilitazione ci vediamo nell’assemblea convocata per il 10 novembre 2024 alle ore 11.00 presso lo Spazio Comune TNT di Jesi.
Ambasciata dei Diritti delle Marche
Centri Sociali delle Marche