NESSUN ALTRO IMPIANTO INQUINANTE PUÒ ESSERE PERMESSO NELLA BASSA VALLESINA #fermiamoildisastroambientale dice NO al progetto Edison alla Zipa di Jesi per lo smaltimento di rifiuti pericolosi
Un investimento di oltre 30 milioni di euro, un profitto atteso di circa 300 euro a tonnellata di rifiuti moltiplicati per una stima prevista di circa 200 mila tonnellate di rifiuti trattati l’anno. 110 mila tonnellate di rifiuti solidi (per lo più terreni inquinati), 175 mila liquidi, anche pericolosi, oltre 7 linee di smaltimento per un megaimpianto omnibus che smaltisce di tutto, dai residui dei processi di raffinazione all’amianto. Un aumento del traffico veicolare pesante di circa 16 mila unità l’anno (che si somma a quello previsto dal vicino nuovo polo logistico Amazon…). Un sensibile aumento delle emissioni in atmosfera di ammoniaca, acido cloridrico, ossidi di azoto, cov, polveri sottili e fibre di amianto, oltre agli scarichi in fognatura nel già martoriato esino e le 50 mila tonnellate all’anno di rifiuti non smaltibili destinati a discariche.
Questi alcuni numeri dell’impianto proposto alla Zipa di Jesi (area industriale da bonificare) da una delle società di Edison, azienda gia oggetto di procedimenti giudiziari e cause risarcitorie per il Sin di Bussi in Abruzzo.
A tutto questo si aggiunge un enorme questione democratica:
il progetto preliminare presentato nel lontano 18 maggio 2023, ben blindato in qualche stanza istituzionale, e per cui i termini delle osservazioni scadono il prossimo 2 agosto, e’ salito alla ribalta delle cronache solo recentemente e in seguito alla partecipatissima assemblea dello scorso 16 luglio al Tnt di Jesi. E ora proprio quei soggetti istituzionali e politici che avrebbero dovuto presentare con trasparenza una simile proposta alla cittadinanza rivendicano tempo per la “necessità di capire”, o accusano chi si permette di (contro)informare, criticare, o solamente dubitare, di sindrome Nimby o di ostacolare la transizione ecologica o le necessità dell’economia circolare. E’ necessario smascherare questo tentativo di perpetuare l’economia fossile sotto altre forme, forse più compatibili ideologicamente, ma egualmente impattanti, in un territorio dove nn c’è più niente da aggiungere, ma occorre sottrarre, dismettere, bonificare, risanare.
E’ la stessa medesima retorica con la quale, mentre lo scorso maggio eravamo in presidio davanti al ministero dell’ambiente, in contemporanea e dopo mesi di silenzio, i soliti tavoli istituzionali ad orologeria lanciavano a reti unificate fantomatici progetti di decarbonizzazione della raffineria Api. E’ infatti dello scorso 5 giugno la richiesta di valutazione preliminare di Via da parte di Api per la produzione di idrogeno verde rinnovabile in sostituzione di quello grigio già in produzione dal 1983 da due unità di steam reforming da gas metano. Una buona notizia, se non fosse che la futura produzione di idrogeno verde sostituirà non più del 10% dell’attuale idrogeno grigio, produzione già accessoria e secondaria rispetto alla raffinazione e agli altri cicli produttivi del petrolchimico. Tra l’altro l’impianto di elettrolisi proposta da 10 mw verrà alimentato da energia rinnovabile dall’ammodernamento di un parco eolico sito a Castelfranco in Miscano, qui dietro l’angolo, in Provincia di Benevento.
Una curiosa e creativa proposta green che non utilizza alcuna energia rinnovabile prodotta in loco ma mere compensazioni finanziarie a distanza…
Edison giustifica la pertinenza del nuovo megaimpianto con la scadenza dei termini di risanamento della ormai ex Aerca, che ricopre circa metà provincia di Ancona, il leggendario piano di risanamento regionale, non più vigente dal 2015. L’inadempienza di fatto della classe politica regionale non giustifica la sostanza dei problemi che continua a soffrire questo territorio. Lo stesso piano di mobilitazione di #fermiamoildisastroambientale sta lì a testomoniarlo.
Per questo il Laboratorio Falkatraz ha già presentato delle Osservazioni al progetto Edison, secondo le indicazioni pervenute dall’assemblea jesina, e invita singoli e associazioni a fare altrettanto, e ad unire le vertenze. Che non si tratta solo di mera e sacrosanta solidarietà tra problemi comuni e continui, qua siamo tutti sulla stessa barca, l’unica direzione possibile ci porta oltre il disastro ambientale, verso il risarcimento di questo territorio in termini di area vasta, nel solco della progressiva dismissione degli impianti inquinanti e di una ferma moratoria verso altre futuribili simili proposte, per il controllo pubblico e trasparente delle bonifiche e dello smaltimento dei rifiuti