Transizione ecologica e giustizia climatica nelle Marche
Questa proposta di una piattaforma regionale maturata all'interno del percorso verso la manifestazione del 9 ottobre della Campagna Per il clima fuori dal fossile vuole essere tutt'altro che un punto fermo o di arrivo, ma un segnale di partenza, di ricomposizione, uno stimolo alla discussione che alimenti una nuova e diversa modalità di relazione nel panorama dei movimenti ecologisti ambientalisti e per la giustizia climatica e oltre.
Una proposta che resti aperta alle tante ferite immanenti al nostro territorio, ai tanti punti di resistenza localizzati che intendano mettere in comune le loro esperienze, in vista di un nuovo momento assembleare allargato successivo alla scadenza del 9 ottobre.
Basta bugie!
Stop greenwashing!
Portiamo in piazza la giusta transizione
Il 9 ottobre davanti al Ministero della “Finzione ecologica” con la Campagna nazionale Per il clima Fuori dal fossile
Incentivo alle energie rinnovabili, verso nuove comunità energetiche
Gli smisurati aumenti del costo dell'energia e dei generi alimentari primari che si sono verificati a più riprese, dalla scorsa estate ad oggi, attestano come il capitalismo estrattivista non sia più sostenibile.
La pretesa decarbonizzazione attraverso il gas con la pioggia di finanziamenti pubblici verso nuovi gasdotti intercontinentali e centrali turbogas non risolve, anzi si presta alle speculazioni sui prezzi delle materie prime. Egualmente la siccità dovuta alla crisi climatica nei paesi maggior esportatori di grano, sta determinando un continuo gioco al rialzo nei beni di prima necessità che colpiscono in forma indiretta soprattutto le classi popolari, altro che radicalchic.
E' necessario rimettere in discussione per intero il modo di produzione, a partire dal modello energetico.
Oltre l'uso delle energie rinnovabili e pulite, che ad oggi possono garantire un aumento occupazionale superiore al mercato delle fonti fossili, è possibile emanciparsi dal paradigma di sistema novecentesco delle grandi concentrazioni produttive monopolistiche, in luogo della microgenerazione di un'economia stanziale, di prossimità, diffusa sul territorio e sempre più autonoma.
I grandi investimenti pubblici come il PNRR vanno orientati verso una politica urbanistica ed edilizia, pubblica e privata, residenziale e non, che guardi ai nuovi mercati della bioedilizia e bioarchitettura, ed una viabilità ridisegnata secondo la mobilità sostenibile, alla modernizzazione della rete elettrica, alla riduzione delle dispersioni, alle filiere corte energetiche, come le sempre più diffuse comunità energetiche.
Per comunità energetica rinnovabile (Cer) si intende un soggetto giuridico autonomo, costituito senza fini di lucro e in modo aperto e volontario da persone fisiche, condomini, comuni, piccole e medie imprese, titolari di attività commerciali situati in aree limitrofe, che decidono di realizzare impianti per la produzione e la condivisione di energia da fonti rinnovabili, quale soggetto di autoconsumo collettivo, anche eventualmente accumulandola o scambiandola sul mercato.
Bonifica area Sin (sito di interesse nazionale da bonificare) di Falconara e Provincia di Ancona e degli altri Sin marchigiani
Le operazioni di bonifica possono costituire un nuovo volano per lo sviluppo di un'economia di prossimità e incentrata sulla qualità della vita e la cura del territorio dalle potenzialità enormi, con il rilancio di aree dismesse verso nuovi orizzonti produttivi e occupazionali, e per le sue conseguenze in termini ambientali e sanitari.
Oltre ad essere un intervento necessario per salvaguardare un ecosistema gravemente contaminato nel sottosuolo e nelle falde acquifere.
E' inaccettabile come le risorse già assegnate, del valore pari a 3.272.727 euro, con Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 308 del 28 novembre 2006, e dopo la successiva stipula dell’Accordo di programma quadro tra Ministero competente Regione Marche e Comune di Falconara Marittima, siano ancora bloccate, da oltre 13 anni.
E’ sconcertante come in questo lungo lasso di tempo chi di dovere non abbia prodotto gli studi di fattibilità, progettazione e integrazioni varie richieste nell’accordo di programma per dare esecuzione alla bonifica.
Allo stesso modo vanno garantite le bonifiche di quelle aree private inquinate sotto la responsabilità del privato stesso.
Oltre al Sin di Falconara che insiste su tutta la Provincia di Ancona non va dimenticato quello del Basso bacino del fiume del Chienti che riguarda Civitanova Marche e Porto Sant'Elpidio.
Dismissione della Raffineria Api e della filiera del fossile
L'Anonima Petroli Italiana è ad oggi uno dei maggiori gruppi privati a livello nazionale nel settore energetico che copre l'intera filiera dell'economia fossile.
Il suo fatturato netto è di quasi 7 miliardi di euro, l'utile di oltre 63 milioni.
Non si tratta più della piccola raffineria di provincia cresciuta nel boom del patto fordista repubblicano, ma di una autentica multiutility dell'economia fossile, che unisce i tratti del capitalismo familistico tradizionale con quelli tipici delle rapacità multinazionali.
La raffineria Api, cresciuta dentro la Città di Falconara e alle porte del Capoluogo anconetano, dal boom economico degli anni 50 fino ad oggi, rappresenta ora l'emblema della crisi ecologica ed economica attuale: oltre ogni forma passata di redistribuzione economica della ricchezza prodotta da fonti fossili, oggi questo sistema espropria e estrae ricchezza per pochi e redistribuisce ai molti gli effetti sempre meno collaterali, fatti di criticità sanitarie, ambientali, inquinamento del territorio, ergendosi in più a principale ostacolo verso ogni proposta di riconversione e uno sviluppo altro e green.
Nel corso dei decenni, attorno al petrolchimico è cresciuta una lunga filiera economica legata alle fonti fossili, lavorazione dei combustibili della raffineria e trattamento dei rifiuti speciali, che hanno contribuito al sensibili peggioramento delle condizioni ambientali e sanitarie.
Oggi urge una generale programmazione in direzione della dismissione di imprese inquinanti, conversione industriale e bonifica del territorio, a partire dal rigoroso rispetto di tutte le prescrizioni emesse in sede dell'ultimo rinnovo dell'AIA del 2018 e di quelle successive ed a una moratoria che neghi future autorizzazione ad altre imprese inquinanti sell'area ex AERCA (area ad alto rischio di crisi ambientale).
Moratoria per nuove trivellazioni a terra e a mare, sospensione delle Via approvate in favore delle piattaforme Eni tra Falconara ed Ancona, ridiscussione del Piano Aree Idonee – PITESAI
Lo scorso aprile il Ministero della transizione ecologica di Cingolani ha approvato una decina di procedimenti di Via riguardanti nuove perforazioni e trivellazioni in tutto l’Adriatico, in attesa della definizione del Pitesai.
Tra queste, si acconsente anche alla perforazione di un nuovo pozzo Calipso 5 Dir, in una delle maggiori piattaforme Eni al largo dell’Adriatico, tra Falconara ed Ancona, area già cronicamente devastata in terra e a mare.
Il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI) dovrebbe essere lo strumento normativo finalizzato alla definizione del quadro di riferimento, condiviso con le Regioni, le Province e gli Enti locali, per l’individuazione programmatica delle aree dove potrebbero essere consentite, oppure no, le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale.
Si intenderebbe valorizzare criteri quali la sostenibilità ambientale e socioeconomica delle diverse aree, marine e a terra, per ridurre ed annullare gli impatti derivanti dalle attività di esplorazione, perforazione ed estrazione e per accompagnare il processo di decarbonizzazione.
Nella sua ultima versione, recentemente approvata, il Pitesai rischia di essere del tutto stravolto: si consente procedure addirittura semplificate per concedere le autorizzazioni, e si dichiara idoneo il 42,5% dell'area terrestre e l'11% dell'area marina italiana.
Una concessione enorme da parte del governo Draghi-Cingolani, complice l'assenza di formali osservazioni in occasione della consultazione pubblica dello scorso settembre della Regione Marche e degli altri enti locali per tutelare il territorio, che aumenta il business estrattivo delle multinazionali del settore, Eni in primis.
Le tante trivellazioni a mare nelle Marche di Eni convergono in due centrali a gas, quella di Fano e di Falconara, del Distretto Centro Settentrionale, con base operativa a Ravenna.
Il sito Eni di Falconara si estende su un'area di circa 40 mila metri quadrati e collega 152 pozzi delle piattaforme a mare tra Falconara e Ancona, rappresentando una delle maggiori centrali di trattamento e raccolta idrocarburi del Centro Italia, la prima nella Regione, oltre a quella di Fano che estrae gas metano dai 53 pozzi a largo tra Pesaro Fano e Senigallia.
Opposizione al Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC) 2020 e profonda revisione del PEAR 2016
Il Piano nazionale sottostima ampiamente le energie rinnovabili, soprattutto quelle elettriche, mentre il gas consolida la propria importanza per i decenni a venire.
E' assente uno scenario per azzerare le emissioni nette di CO2 che vengono procrastinate fino al 2050, come sono assenti misure lungimiranti verso la mobilità sostenibile, mentre si mantengono tutti i sussidi diretti e indiretti verso le imprese del settore fossile, che godono di finanziamenti pubblici di circa 20 miliardi l'anno.
Egualmente il piano energetico regionale approvato nel lontano 2005 con l'intento di inaugurare uno sviluppo sostenibile incentrato su risparmio energetico, energie rinnovabili e microgenerazione diffusa, tese a conquistare quote di mercato crescenti oltre il monopolio di Api e Eni è ripiegato, complice la sua revisione nel 2016, di cui riteniamo responsabili tutte le forze politiche del consiglio regionale, nella piatta e supina registrazione del business as usual.
Il trend di crescita delle rinnovabili programmato al 25% dei consumi ci pare anacronistico e non in linea con le necessità impellenti che la crisi climatica impone; si sottoscrive poi la necessità di nuove infrastrutture per il gas, dai gasdotti regionali e nazionali, fino al sempre possibile rigassificatore Api, e alla centralità energetica del petrolchimico di Falconara.
No al passaggio del gasdotto Tap nelle Marche e a ogni futuro progetto di Rigassificatore a Falconara e altrove
Il gasdotto Rete Adriatica Brindisi-Minerbio è uno dei principali progetti di ampliamento della rete di trasporto nazionale di metano. Il suo tracciato attraversa l’intera penisola, dalla Puglia risale fino all’Emilia Romagna toccando dieci regioni, tra cui Abruzzo, Umbria e Marche, per una lunghezza complessiva di 687 km.
Il tracciato complessivo si suddivide in cinque tronconi, quello di Foligno-Sestino interessa l'entroterra appenninico tra Marche ed Umbria e le zone coinvolte dagli ultimi eventi sismici. In questo senso la rete marchigiana, Terre In Moto, ha assunto questa vertenza dentro la proposta della Carte dell'Appennino del 2019.
Oltre le servitù nazionali si stanno moltiplicando i rifacimenti di nuovi gasdotti regionali.
Il nuovo gasdotto SNAM di quasi 40 chilometri recentemente realizzato nel suo primo stralcio tra Falconara Jesi e Recanati, prelude ad una futuribile realizzazione del contestatissimo progetto di rigassificatore GNL da parte di API Nova Energia nel lontano 2011, già avallato, nel dissenso di una larga maggioranza della popolazione, con la partnership della regione Marche, la cui autorizzazione è stata prorogata dai ministeri competenti nel 2015, per cui pende ancora un giudizio definitivo al Tar.
Se il Ministero della Transizione ecologica non ha intenzione di ascoltare i territori, saranno i territori a farsi ascoltare. Il tempo è scaduto. Incontriamoci a Roma sabato 9 ottobre, portiamo la nostra protesta e le nostre proposte sotto al Ministero per una vera riconversione ecologica e per la giustizia climatica.
Trivelle Zero Marche
Falconara fuori dal fossile
Laboratorio Falkatraz
Ottobre 2021