La narrazione deformante, i riflessi condizionati, la rabbia giusta

In questi giorni abbiamo assistito a due reazioni speculari, da un lato chi si è affrettato ad affermare che il razzismo non esiste, dall’altro quanti hanno paragonato le Marche all’Alabama del 1800 (ricordiamo ancora Il Messaggero, a pochi giorni dall’attentato fascista di Traini, titolare a tutta pagina “Sembra Macerata” in merito a un articolo sul ‘degrado’ della stazione Termini). Questi due atteggiamenti hanno in comune qualcosa di molto pericoloso. Una matrice reazionaria che, consapevoli o meno, ci conduce, con rassegnazione e arrendevolezza, all’assunto che viviamo nell’epoca neoliberale e non c’è alternativa. In comune c’è l’idea che la società sia definitivamente e inevitabilmente disgregata. Significa presupporre che non sono possibili legami sociali e relazioni di solidarietà nel corpo sociale. Significa ammettere la dimensione profetica della signora Thatcher, “la società non esiste, esistono solo gli individui”.

Ciò si traduce inevitabilmente in un dibattito che chiede più controllo, più ‘sicurezza’, più repressione…

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